Intervista alla dottoressa Pietrantonio
«La cooperazione ha senso solo se è sostenibile nel tempo e contribuisce allo sviluppo del sistema sanitario locale. Le iniziative isolate non sono in grado di impattare». Filomena Pietrantonio è primario di Medicina generale all'Ospedale dei Castelli. Oggi è partita per il Brasile e raggiungerà l'ospedale di Obidos dove attiverà un sistema di telemedicina in partnership con Global Health Telemedicine.
Dottoressa, come ha iniziato a lavorare con GHT Onlus?
Mi occupo di telemedicina da diverso tempo. Sono primario di medicina generale all’Ospedale di Castelli e come azienda abbiamo già cominciato a lavorare con la telemedicina in diversi progetti di integrazione ospedale-territorio. GHT Onlus, che già conoscevo, mi ha contattato e mi ha proposto di collaborare. Avevo già in programma una missione in Amazzonia e quindi mi è sembrata una buona idea attivare anche in quei luoghi un servizio di teleconsulto. La telemedicina è una passione che coltivo da diverso tempo. Sono molto interessata all'uso di sistemi possano operare non solo in contemporanea, ma anche in remoto e offline. Applicabili in contesti difficili, in cui il collegamento può essere complicato.
Da quanto si occupa di cooperazione?
Da circa 25 anni. Ho lavorato con molte organizzazioni e diverse istituzioni: Unicef, Commissione europea, ministero della Salute, ministero degli Esteri e altri. È la mia passione, lo è sempre stata e ora che mi hanno chiesto di andare in Brasile per supportare un ospedale, ho pensato di valorizzare la nostra presenza attraverso questo nuovo servizio di telemedicina.
Dove andrete?
Andiamo a Obidos in Amazzonia. Lì c’è un ospedale di medie dimensioni, meno di 100 posti letto. Il problema principale è l’accessibilità: è un posto raggiungibile solo via fiume e chi non ha il mezzo adatto non può arrivare. Quest’anno, su iniziativa di Papa Francesco, è stata varata una nave ospedale che permetterà di raggiungere da Obidos anche i posti meno accessibili. Lavoreremo sia sulla nave sia in ospedale. La mia idea è quella di collegare tutte queste zone in remoto.
Dal punto di vista sanitario quali sono le criticità più evidenti da quelle parti?
Questa è la prima volta che vado in Brasile, quindi ancora non posso dare una risposta precisa. D’altro canto posso dire che, come in molti zone in difficoltà, c’è uno sviluppo inferiore dal punto di vista sanitario. Sono frequenti i patologie legate alle vie respiratorie e gastrointestinali. Poi attualmente, come accade a livello mondiale, stanno aumentando le patologie croniche, in particolare ipertensione e diabete.
Quanto vi tratterrete in Brasile e come è composto il team?
Rientreremo il 21 di agosto. Con noi ci sono due internisti, un radiologo e due odontoiatri, che fanno capo alla Onlus "Mattoni di gioia".
La cooperazione, e il terzo settore in generale, potrebbe subire un taglio delle risorse ed è sotto attacco in questo periodo. Eppure ci sono ancora persone come lei che continuano a crederci.
Il punto è attivare servizi che possano essere mantenuti indipendentemente dalla presenza del cooperante. La cooperazione ha senso solo se è sostenibile e supporta uno sviluppo autonomo del Paese in cui si opera. Le iniziative isolate non sono in grado di impattare. Vogliamo portare competenze differenti e integrarle con quelle locali. Realizzare servizi che sappiano camminare con le proprie gambe. La telemedicina è un sistema adatto a questo scopo, è piuttosto semplice eppure fornisce prestazioni specialistiche qualificate ad alto impatto. Può essere un buon modo per lasciare qualcosa e mantenere un contatto che possa contribuire allo sviluppo del sistema sanitario locale.