Africa, una terra meravigliosa con affreschi di vita che restano nel cuore
Rimini è la città dove vive e il Centro Grandi Ustionati Bufalini di Cesena la realtà sanitaria in cui opera ma il mondo della dottoressa Silvana Trincone travalica confini e steccati. La consapevolezza che fare il medico sia una missione da interpretare a tutto tondo, con lo sguardo rivolto soprattutto a povertà e fragilità, l’ha spinta a mettere la sua esperienza di Dermatologa al servizio di Global Health Telemedicine. Tra docenze nei corsi di formazione tenuti in Malawi e Mozambico e teleconsulti, la sua appartenenza all’associazione nata nel campo della cooperazione internazionale, per realizzare ponti tra il nord e il sud del mondo, offrire consigli diagnostici e terapeutici a migliaia di teleconsulti provenienti da decine di centri sanita sparsi nei luoghi più disagiati del pianeta, può considerarsi totale.
Ne condivide la filosofia, ne sostiene gli aneliti e per questo, oramai da circa quindici anni, ha scelto di donare il suo tempo e le sue energie per lenire le sofferenze e curare gli ammalati con patologie che afferiscono al suo campo di specializzazione. Una decisione che profuma di altruismo e riconoscenza alla vita che, in un grande Paese come l’Italia, concede a chi osa, s’impegna e lavora sodo la possibilità di crescere a livello professionale.
La dottoressa Silvana Trincone ha uno spirito indomito e un animo nobile che la spingono a essere operativa, disponibile, pronta a vestire il camice bianco foss’anche per un teleconsulto. Quando parla della sua esperienza in Africa più che evidenziare la qualità e la quantità di cosa che è riuscita a dare, volentieri si sofferma su quanto ha fin qui ricevuto. <<Ogni volta che ne ho l’opportunità – dice – torno volentieri in Africa, un continente speciale che ti prende il cuore e di cui sono innamorata. Ho ancora negli occhi la mia prima esperienza da medico, ero decisamente più giovane e quello che ho visto ha subito fatto breccia dentro di me. Le condizioni in cui si opera non sono paragonabili neppure lontanamente alle nostre e quando prendi atto di ciò, quando ti rendi conto che puoi fare tanto per aiutare a guarire chi sta male per patologie altrove curabilissime, allora ti rendi conto che non puoi stare a guardare. La scelta di impegnarmi con GHT è stata una questione etica, a cui non mi sono sottratta. Più egoisticamente posso dire di avere imparato tantissimo, di avere ricevuto molto in termini di crescita personale, per il mio modo di fare, su come confrontarmi col mondo, ma anche a livello lavorativo ho appreso tanto. Per me l’Africa è stata un’esperienza formativa formidabile anche perché vedi le cose da una prospettiva unica>>.
Fare medicina con il poco disponibile è la scommessa delle scommesse. In Africa le certezze sono eccezioni e fornire risposte anche a patologie facilmente curabili diventa esercizio difficile al massimo. <<Fare medicina con quello che si ha, nel mio caso fare dermatologia con quello che c’è a disposizione, è un esercizio che richiede sforzi non indifferenti. In Italia per esempio, se mi ritrovo davanti a un neo sospetto posso decidere di fare una biopsia e muovermi di conseguenza. In Africa, invece, si sviluppa una grande elasticità che ti spinge a utilizzare quello che c’è, sia quando sei in presenza, sia quando sei chiamato per un teleconsulto. Con GHT fortunatamente abbiamo quantomeno il vantaggio di avere disponibile uno specchietto nella piattaforma utilizzata per i teleconsulti, che elenca i farmaci disponibili in ogni ambulatorio. Sappiamo dov’è, se è dentro un ospedale e quali farmaci ci sono a disposizione. Un aspetto non di poco. Per tutto il resto, come dicevo, ci vuole una buona dose di elasticità mentale>>.
Africa è povertà e ricchezza allo stesso tempo. È felicità contagiosa, asprezza e difficoltà. Africa è colore, calore, umanità, riconoscenza. Dentro questo mondo meravigliosamente variegato ci sono degli affreschi di vita che ti restano nel cuore. <<Tra le tante esperienze fatte, conservo il ricordo di una ragazzina di 13 anni, sieropositiva, arrivata nel centro nutrizionale della capitale del Malawi, dove mi trovavo, con un problema che aveva poco di dermatologico ma condizionava e non poco la vita: una infezione da tigna al cuoio capelluto. Per lei era uno stigma ingombrante. Era uno stato molto frustrante perché sapeva di non poter avere un fidanzatino. Pian piano sono riuscita a guarirla e per lei è stata una grande liberazione. Porto nel cuore anche la storia di un ragazzino di 14 anni che viveva per strada dopo essere andato via di casa perché non voleva pesare sulla mamma. Aveva un eczema con pelle secca. Lo visitai, gli diedi una pomata ma non voleva andare via. Gli donai delle creme per curarsi ma non ne voleva sapere di andarsene. Allora lo portai nella casa dove abitavo, lo feci sedere a tavola e gli diedi da mangiare ma lui, per la grande emozione, non riuscì a portare cibo alla bocca. Ebbi modo di conoscere la sua storia e riuscii ad aiutare la sua mamma, tanto che tornarono a vivere assieme. Prima di partire lungo la strada, all’alba, vidi un ragazzino che si sbraciava per salutarmi. Era lui e quello fu il suo modo semplice ma di grande impatto emotivo per sdebitarsi>>.
Nel futuro della dottoressa Silvana Trincone ci sarà ancora l’Africa. <<Spero di poterci tornare presto, di poter continuare a rendermi utile, di poter formare ancora personale motivato e assetato di sapere, com’è stato nei posti dove sono già stata. È una missione a cui non intendo sottrarmi almeno fin quando ne avrò la possibilità>>.